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Per innovare impariamo dalle città

Per innovare impariamo dalle città

Nonostante stiano attraversando un periodo non propriamente felice per chi le abita, caratterizzato da problematiche significative come cementificazione, gentrificazione, turistificazione, scarsità di alloggi, aumento dei flussi mordi e fuggi e mancanza di spazi di socialità libera e autodeterminata, le città hanno storicamente rappresentato i centri vitali della società umana. Sin dall’antichità, le città sono luoghi dove le culture si incontrano e contaminano, dove le merci circolano in maggior quantità e più velocemente e dove le idee nuove trovano spazio per essere sperimentate. Atene, le città medievali e quelle rinascimentali e, in tempi più recenti, Copenaghen, Freiburg, Amsterdam, Barcellona e Singapore sono esempi di città che hanno saputo canalizzare un certo approccio alla pluralità verso l’innovazione, creando nuovi modelli urbanistici, sociali e culturali. Ma cosa rende le città così efficaci nell’essere culle di innovazione? Essere un mosaico vivente di differenze con un buon grado di libertà e che si contaminano a vicenda. Questa coabitazione ha permesso alla città di affermarsi come l’ambiente dove l’umanità ha saputo esprimere al meglio la sua capacità di trasformazione e innovazione. 

Innovare significa dare centralità alle relazioni umane

Nelle città, l’innovazione di qualità si è sempre distinta non soltanto per l’avanzamento tecnologico o per lo sviluppo di infrastrutture moderne, ma soprattutto per il progresso sociale, espresso nella capacità di porre l’essere umano e le relazioni sociali al centro del proprio evolversi. Quando questo manca le disfunzioni non tardano ad affiorare. Questo risvolto umanistico è cruciale anche per le organizzazioni moderne:

l’innovazione raggiunge la sua massima efficacia quando contaminazione e collaborazione fioriscono in contesti a misura d’uomo, dove il benessere generale della popolazione è elevato a obiettivo primario.

In questo contesto, la decentralizzazione è un principio cardine, capace di innescare una dinamica di partecipazione attiva e diffusa. Essa non solo consente ai cittadini di essere protagonisti nei processi decisionali, ma favorisce anche una gestione più condivisa e capillare degli spazi pubblici. Il decentramento, infatti, apre la strada a una proliferazione reticolare delle iniziative, in cui ogni nodo della rete – rappresentato da comunità, gruppi locali o singoli individui – contribuisce in modo autonomo e creativo alla costruzione del tessuto sociale. Questa distribuzione del potere decisionale, quando viene strutturato, permette alle città di evolversi differenziandosi, attingendo alla ricchezza delle singole esperienze e stimolando processi innovativi dal basso, capaci di rispondere in maniera flessibile, adattiva o resistente, alle sfide contemporanee.

Quando le decisioni vengono orientate a favore delle istanze più periferiche, si genera un contesto in cui le esigenze e le aspirazioni delle diverse comunità trovano ascolto e vengono, anche attraverso conflitti generativi, integrate in una visione comune.

Questo processo ne valorizza le potenzialità di crescita e rafforza la loro capacità di autodeterminazione, creando le condizioni per uno sviluppo in cui ogni comunità contribuisce attivamente alla costruzione del bene collettivo.

Per innovare impariamo dalle città

Innovare nelle organizzazioni aziendali

Le riflessioni sulle città offrono spunti fondamentali per le aziende che cercano di migliorare le loro performance attraverso l’innovazione. Le organizzazioni dovrebbero essere anch’esse concepite come ecosistemi complessi, in cui la creatività è direttamente proporzionale alle interazioni che gli individui possono sperimentare. Le aziende che promuovono alti gradi di interazione dentro e fuori dalle loro mura, possono generare flussi continui di idee nuove. Anche in ambito aziendale, un aspetto cruciale da considerare è la decentralizzazione, che consente una maggiore autonomia alle diverse unità operative.

Le aziende più dinamiche tendono a favorire strutture a rete, dove i team possono prendere decisioni in modo autonomo.

Questo approccio incoraggia la responsabilità e stimola la capacità di trasformazione e di innovazione. La sinergia tra decentralizzazione e partecipazione non solo arricchisce il processo di innovazione, ma promuove anche un senso di appartenenza e responsabilità condivisa. La capacità di cogliere con più tempestività le tendenze sociali ed economiche deriva proprio dalla valorizzazione delle singole voci, che rendono le organizzazioni più agili e reattive alle sfide contemporanee. Integrare diversità, decentralizzazione e partecipazione è essenziale per creare un ambiente fertile per l’innovazione e il benessere collettivo.

Le organizzazioni possono diventare veri e propri laboratori di innovazione quando riescono a coltivare relazioni umane orientate al miglioramento delle proprie dinamiche interne, imparando a riconoscere e valorizzare i bisogni autentici delle persone.

In questo modo, lo sviluppo organizzativo si intreccia con la crescita individuale. L’innovazione aziendale deve avere come obiettivo primario il miglioramento del benessere collettivo. Come le città possono dirsi di aver raggiunto un buon livello in termini di funzionalità quando elevano  la qualità della vita dei loro cittadini; analogamente, le aziende di successo (quelle per cui andremmo volentieri a lavorare, non quelle con i bilanci più grassi alle quali non invieremmo mai un CV) sono quelle in grado di creare valore tangibile per i propri clienti, dipendenti e stakeholder. Adottare questi principi nelle organizzazioni le guida verso un futuro più sostenibile e attrattivo, in cui il benessere delle persone è il primo e più importante indicatore di una strategia di successo.

 

Foto di Timothy Chambers su Unsplash

Foto di Marc-Olivier Jodoin su Unsplash

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